TIME KEEPER

Negli ultimi anni sono stato ossessionato dal concetto del tempo che passa. Per evitare di sentirmi cieco, annoiato o sconfitto, prendo delle fotografie. Le sogno fino a trovarle e questo mi rende tranquillo per un po’… Finché inizio a sentirmi vuoto ancora e devo cercarne di nuove… sapendo chje non potranno mai essere come le ultime.

Alcune fotografie non trovano mai casa, vagano come spiriti sperduti tra paradiso e inferno. Confuse come storie da bar, sorprese e libere.

Finché non troveranno casa continuerò a vagabondare e cercare.

Le esposizioni lunghe cancellano il concetto di tempo e di realtà, la pressione si dissolve e quello che resta é solo la sensazione di un luogo, di una situazione, di un volto o di un incontro.

Time Keeper

I find myself awake at night
wandering home(s) and memories, looking for connections
I open a box full of my school stuff from my age as a child
that my father gave me…
I keep looking at a recent picture that I took at my parents garden.
and I realize that I’m becoming more and more like him.
Dust covers memories
and pictures are time keepers, helping me to balance
Birth, goodbyes, death, flashbacks and escape.
Imaginary landscapes.
Time expand and disappears.
How long is now?

 

Un progetto davvero a lungo termine. Il passare del tempo, tra ossessioni, fughe e sorprese. Qualcosa che ho sentito il bisogno di trasformare su carta.

Edizione limitata di 75 copie firmate.

Carta Uso Mano 140gr , Copertina 250gr.

168 Pagine.

Italia: 20 Euro + 3 spedizione.

Estero: 20 Euro + 5 Spedizione.

QUI TUTTE LE INFOhttp://gabrielelopez.me/paper/time-keeper/

Se pagate non sono mostre siete mostri

Ultimamente penso che certe persone che fanno mostre debbano sentirsi come gli invitati alla cena dei cretini
Ricevo giornalmente mail da gallerie, curatori e altri fotografi che recitano più o meno così:

<<Siamo lieti di comunicarle che la abbiamo selezionata per partecipare a una mostra irrinunciabile in spazi di pregio a cura del famoso critico XXXX in cui saranno presenti i fotografi YYYY  e ZZZZ per confermare la sua partecipazione basta compilare il form e fare un versamento di 350 Euro e ci spedisca al più presto le sue opere…>>

Ecco allora è meglio che lo capiate subito e che se pagate non sono mostre siete mostriVittime della vostra vanità, della vostra stupidità e di persone, senza scrupoli, che sanno usare questa vostra debolezza benissimo.

 

Vittore Buzzi Photography

Vittore Buzzi Photography

Questo non vuol dire che non si debbano pagare i curatori (ce ne sono pochi  in gamba) o le gallerie (gli spazi dove si fanno le mostre)  ma che se davvero credono in voi vi coinvolgeranno piano nel loro giro, poi se valete troverete degli sponsor o degli spazi che vi daranno una mano.

Oggi che tutti sono fotografi va di moda il NEXT STEP: “Be an artist”

Per far questo tutto è lecito… Ecco curatori senza scrupoli, squali che vi aspettano per fare del vostro portafogli un solo boccone. Ci sono poi i disperati, spazi espositivi in rotta e fotografi in banca rotta che ormai sono disposti a tutto pur di incassare qualche euro in più… critici che per qualche centinaio di euro vi scriveranno una introduzione al vostro catalogo che vi state pagando.

E’ ora di svegliarsi. Io posso avere tanti difetti ma ho due caratteristiche che hanno fatto di me quello che sono, cerco di essere onesto e persevero.

 

Vittore Buzzi Photography

Vittore Buzzi Photography

La verità è che è tutto uniformato, tutto uguale in questo marasma in cui chi urla di più, chi offre di più, come un piazzista, vince. Ecco allora i Workshop che dopo un week end vi fanno un bella mostra… La fiera delle vanità è perversa e ridicola… così di fianco ad autori compaiono foto improbabili e fotografi che amano essere presi in giro.

Cercherò d’ora in poi di essere il più possibile duro con questi comportamenti, intransigente e realista.
Concorsi dove pagate, mostre che vi finanziate e curatori prezzolati non valgono nulla anzi dimostrano solamente che non avete niente, proprio niente da dire, che fotografate per vanità. L’unico vantaggio è che sarete sempre i primi a cui pensano quando si deve organizzare la cena dei cretini… 🙂

Da anni non partecipo a concorsi in cui si paga  (in realtà negli ultimi 10 anni ho mandato le foto solo 3 volte) per le submission, evito call for entry dubbie e non faccio mostre semplicemente perché chiedo non solo di non pagare ma spesso anche di essere pagato.
Rimarrò isolato lo so, lo sono già. Mi importa poco… Da me però potrete star certi di sapere se valete qualcosa o meno. Per me non siete polli da spennare ma persone da aiutare a crescere. Non vi prometterò mostre né lavoro ma solo fatica e pazienza.
Non ci si trasforma in artista dalla sera alla mattina…
Fidatevi, sono stato selezionato per manifestazioni o ho ricevuto premi in cui giuria c’eranoJean-Claude LemagnyCarlo Arturo Quintavalle, Roberta Valtorta, Giovanna Calvenzi, Gabriele Basilico, Mario Cresci, Grazia Neri, Elena Ceratti… Non ho mai pagato una lira… Anzi…
Ho frequentato e frequento ancora critici (veri non farlocchi) e artisti contemporanei… Pochissimi fotografi… Quelli a cui voglio bene…

Vedere oggi quello che vedo, più premi che fotografi, più mostre che fotografie, gente che parla a convegni che si è improvvisata fotografo, curatore o artista… Beh perchè l’ignoranza è ormai dilagante e tutto è parificato verso il basso.

Vittore Buzzi Photography

Vittore Buzzi Photography

 

Qui il progetto completo: Bocca di Magra

Vittore Buzzi: WeddingPersonal

Fotografi di reportage: una evoluzione

Vittore Buzzi Photography

Vittore Buzzi

La professione del foto giornalista è in continua evoluzione, oggi è quasi difficile considerarla una professione strutturata, tutto è così vago e sfumato. L’editoria, prona e ripiegata su se stessa non è mai stata (in Italia) un interlocutore valido e ora , a parte eccezioni rare, lo è men che meno. Ricordatevi però che una professione rimane e se non ci sono dei ritorni economici la vostra voce andrà ad esaurirsi, sarà solo questione di tempo.
Certo ci vuole passione e amore per quello che si racconta, ma serve una mente aperta pronta a cogliere le occasioni che si presentano.
Negli ultimi anni i miei reportage sono stati frutto  di maniere non convenzionali di pensare, con risultati decenti sia sotto il profilo economico che di realizzazione di progetti validi.

Se avessi dovuto basarmi sulle entrate che sono arrivate dalla fotografia di reportage oggi sarei in difficoltà.
Paradossalmente ho avuto una grande fortuna nella mia carriera di fotografo non sono mai stato parte di “cerchi magici” né amico di Tizio o Caio, questo ha fatto si che mi abituassi per benino a quello che vuol dire stare sulla strada. Ho dovuto fin da subito rimboccarmi le maniche e pensare modi alternativi per pagarmi i reportage che volevo scattare.
Si aprono però nuove opportunità per finanziare i propri lavori, attenzione il fatto che ci siano delle opportunità non vuol dire che si riesca a coglierle:

  1.  Fondazioni ed enti privati;
  2. Enti pubblici;
  3. Crow-funding;
  4. NGO;
  5. Editoriale;
  6. Libri, stampe e mostre;
  7. Workshop fotografici.

Ovviamente per provare a farsi pagare per raccontare serve una preparazione fuori dal comune che comprende doti imprenditoriali, manageriali, gestionali e comunicative. Per questo serve un metodo che non implica solo il saper fotografare.
Io sono il prodotto degli studi, degli incontri delle esperienze che hanno caratterizzato il mio percorso di vita. Però parlando, chiacchierando con molti colleghi ho scoperto che ci sono dei punti in comune che ci sono degli schemi mentali che molti foto giornalisti e giornalisti adottano nell’avvicinarsi ad una storia, nel raccontare…
Di questo e molto altro parleremo nel corso di FOTOGRAFIA DI REPORTAGE

 

Vittore Buzzi: FB, Instagram , Fotografo Matrimonio Monza , Photographer Milan, Reportage

La corsa verso il nulla 2

 

Todd Hido

Todd Hido

Oggi più che mai faccio fatica a parlare di fotografia… Non fraintendetemi è che ho pochissimi interlocutori reali. Tutti sono fotografi, tutti fanno mostre… Però se approfondisci c’è solo un grande nulla… Reportage fatti in due ore a spasso per la città (progetti lunghi non sono garanzia di buone foto) libri raffazzonati in quattro e quattro otto solo per compiacersi, curatori furbastri e mostre, mostre per tutti basta pagare… Epigoni di vari fotografi… Auto celebrazioni continue…
Così non ha importanza il messaggio ma solo la fama effimera del nulla…
Basta passare davanti ad una inaugurazione di una mostra di fotografia in centro a Milano per vedere persone con il cappello la bella barba la macchina fotografica scintillante la borsina in pelle per rendersi conto che la fotografia è diventata di moda…
Sentirsi parte di un gruppo, si tratta di narrazioni del consumo.
Si parla, troppo tanto e quasi solo di macchine fotografiche, di pellicole di materiali, poco di idee, di modi di raccontare, di metafore di visioni, di storie.
Poco importa se non si sa chi siano August Sander, Stephen Shore, Robert Frank, Eugene Smith… Oggi tutti però ti annoiano con chiacchiere improponibili su Vivian Maier e su Sebastiao Salgado, autori che stimo, ma che sono diventati di tendenza: fa figo citarli ecco tutto, anche se non se ne sa quasi niente.
Amare la fotografia, l’arte contemporanea, la letteratura e il cinema significa progredire giorno dopo giorno , lentamente con il piacere di una pagina alla volta con le pause fisiologiche dettate dal giusto tempo per assimilare quello a cui si è esposti…

Tutto e subito è lo slogan del consumo è la fotografia oggi.
Non basta comprarsi una macchina analogica o una costosa replica digitale che ha il leggero sapore dolciastro dei tempi che furono, per diventare fotografi…
I progetti? Quelli veri non quelli scopiazzati di qua e di là quelli sentiti che ti prendono qualche anno? Quelli mancano…
Mancano i fotografi che sappiano distinguere l’esotico inevitabile che serve per colpire gli spettatori oggi dalla reale ricerca.

Mi guardo Todd Hido, Philip-Lorca di Corcia, Sally Mann e sorrido… sorrido della mia ignoranza del mio non sapere con serenità e tranquillità… Avanzo nei miei progetti che durano da decine d’anni, sorrido nel sentire persone che mi chiedono come nascono le idee…
Spieghiamo un metodo, facciamo degli esempi pratici durante il Corso di Reportage e di Story Telling insistiamo molto sulle contaminazioni con campi diversi dal nostro, sull’idea marxista e socialista della fotografia… Sul leggere, guardare film, mostre sull’essere realmente interessati all’altro da noi…
So solo che è un percorso che il progetto è nella vita “basta non avere fretta” come diceva il grande Saul Leiter….
Alla fine si parla e ci si entusiasma solo per le macchine e non è che su questo io veda differenze se siano a pellicola o digitali se costano migliaia di euro o poche lire. Sempre macchine sono.
Nessuno che mi dica mai “mi serve una macchina del genere perchè in questa maniera posso rendere meglio una certa atmosfera….”
Solo lagne di come si stava meglio prima con l’analogico o fregnacce di come il digitale ci ha cambiato la vita.
Macchine, scatole, obiettivi, tubi con lenti…
Per me sono modi diversi di espressione… ma forse perchè mi illudo di avere qualcosa da dire. Qualcosa che non si esaurisce nel possesso di uno strumento o di un libro o di un biglietto di ingresso della mostra più “a la page”. Tutte cose che  incitano al consumismo più bieco al cui centro rimane la tecnica e non l’uomo.
Così nella gallery che vedete qui sotto c’è di tutto dall’ 8×10 alla compatta digitale ma sopratutto ci sono degli autori con dei progetti con delle idee.
Questa è la cosa più difficile da fare oggi avere qualcosa da dire. Fermarsi e pensare, riflettere e rimandare ad altri una visone approfondita sul mondo.

[testimonial name=”Eugene Smith” about=”About E.S.” url=”https://en.wikipedia.org/wiki/W._Eugene_Smith”]A cosa serve una grande profondità di campo se non c’è una adeguata profondità di sentimenti[/testimonial]
Vittore Buzzi: FB, Instagram , Fotografo Matrimonio, Fotografo Milano, Reportage

The Bang Bang Club

Molto spesso quando prepariamo i nostri corsi di fotografia facciamo dei cambiamenti o dei piccoli approfondimenti.
Un po’ perché siamo certi che un po’ curiosità e conoscenza dei fatti della fotografia contemporanea non può che giovare ad una cultura dell’immagine che rimane comunque molto povera.
Così mentre rimettevo le mani sul corso di fotografia di reportage mi sono soffermato su un gruppo storico e “dannato” della fotografia di reportage: Il “Bang Bang Club“.

Il Bang Bang Club era formato storicamente da quattro fotogiornalisti:  Greg Marinovich, Kevin Carter, Ken Oosterbroek, e João Silva.
I quattro hanno operato dalla fine degli anni ’80 al 1994 nelle township del Sud Africa documentando gli scontri fra le varie fazioni politiche fino alla dissoluzione del regime dell’apartheid. Nel 1994 una serie di eventi tragici ha portato alla fine del sodalizio e i due superstiti: Marinovich e Silva hanno continuato la loro carriera foto giornalistica in giro per il mondo.

Greg Marinovich

Greg Marinovich


Marinovich
nel 1991 con la foto che vedete qui sopra vinse un  Pulitzer Prize per la Spot News Photography. Dopo il 1994, anno in cui è stato ferito in Sud Africa, ha documentato i conflitti in tutto il mondo e attualmente, oltre a progetti personali, è insegnate di giornalismo visivo presso alcune università anglosassoni. Ha un suo SITO INTERNET che raccoglie molti dei suoi lavori storici.

Silva dopo aver scritto con Marinovich un libro che ripercorre gli anni del gruppo ( The Bang-Bang Club: Snapshots from a Hidden War ) ha documentato i conflitti in tutto il mondo ha vinto numerosi premi e il 23 ottobre 2010, mentre era on assignment in Afghanistan ha perso entrambe le gambe, sotto il ginocchio, a causa di una mina antiuomo. Una sua recente intervista è visible qui mente qui c’è il suo sito.

Kevin Carter vinse il premio Pulitzer con una foto scattata in Sudan nel 1993 poi per fragilità sua, in seguito alle molte polemiche che la sua immagine suscitò, e difficoltà economiche si tolse la vita il 27 luglio 1994 qualche mese dopo la morte  di Ken Oosterbroek e il ferimento di Greg Marinovich . Qui il trailer del documentario sulla sua breve via e tragica morte.

Kevin Carter

Kevin Carter

Infine il povero Ken Oosterbroek venne ucciso quasi sicuramente da “fuoco amico” il 18 aprile 1994 mentre documentava i disordini di  Thokoza.
I 4 anni che vanno dal 1990 al 1994 e che ci portano dentro la vita di quest foto giornalisti sono documentati nel film The Bang Bang Club del 2010.

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