“i was born in tulsa oklahoma in 1943. when i was sixteen i started shooting anfetamine. i shot with my friends everyday for three years and then left town but i’ve gone back through the years.
once the needle goes in it never comes out” LC
Questo è l’inizio di Tulsa uno dei libri di fotografia più discussi di sempre, una vera e propria pietra miliare, pubblicato nel 1971… Molti fanno riferimento a Larry Clark, figlio di una fotografa di famiglie e bambini e di un commesso viaggiatore venditore di libri porta a porta, non è un mistero che la stessa Nan Goldin ne sia stata influenzata.
E’ un libro durissimo che ci racconta di una generazione dimenticata, lasciata nell’ombra dall’affermarsi del sogno americano globalizzato e vincente…
Gli States, l’industria, il cinema… l’America però non è questo… è violenza, droga, sesso, alcool e qualche rara volta benessere e vittoria… La fotografia segue a ruota quello che era stato ampiamente preannunciato e descritto dalla letteratura con Cheever, Fante, la beat generation per arrivare a Carver prima e Bukowsky poi… è la scia americana dell’impegno che negli ultimi 20 anni ha prodotto i capolavori di Roth, De Lillo fino ad arrivare alle “Correzioni” di Franzen o all’ultimo tragico Foster Wallace.
Scrittori, fotografi, artisti e registi, non a caso Larry Clark proseguirà nel cinema, indagano l’altra faccia della luna, la rappresentano nell’immaginario collettivo e la storicizzano…
Tulsa è un diario, una affermazione politica, un grido che lacera la logora e falsa memoria conservatrice e piccolo borghese degli Stati Uniti… Una spina conficcata nella espansione globalizzante della grande nazione Americana…
E’ facile oggi prostrarsi davanti a d’Agata, elogiare Tillmans e osannare Goldin… Sono bravi e sono di moda come la fotografia… Più difficile collocarli in una prospettiva storica sociale e relazionarli a quei movimenti di opposizione e di rivalsa che il consumismo sfrenato e l’abuso hanno generato…
Cosa ci insegna l’esperienza di Larry Clark?
- Spesso si guarda molto lontano da noi, si cerca l’esotico e non ci si rende conto che abbiamo molto da dire su quello che ci sta più a cuore che conosciamo meglio.
Quindi quando iniziamo a raccontare delle storie faremmo bene a cercare qualcosa che ci è famigliare… di cui effettivamente conosciamo le dinamiche… - Evitare però di essere troppo autoreferenziali… Lasciare che siano il tempo e gli altri a definire il nostro sforzo creativo… Oggi siamo pieni di autori mediocri che copiano senza sapere bene chi, spendono nella auto produzione onanistica di mostre e libri e si autodefiniscono artisti…
- Non c’è nulla di male a pagarsi un libro a patto che abbiate qualcosa da dire e che sia l’unico modo per farlo.
Un libro rimane… le foto negli hd no… - I grandi cambiamenti che attraversano la società, le difficoltà, le crisi sono un punto di partenza ottimale per fermarsi ed interrogarsi sulla propria vita: Dove sono? Che ci faccio qui? (citazione da Chatwin)
- La letteratura è sempre un aiuto o una ispirazione… Oggi per fare dei buoni lavori in fotografia non si può non nutrirsi di buone cose…
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Buona fotografia!!!