Paura della macchina e vera tragedia del digitale

Agli albori la fotografia non fu considerata arte da molti, era un procedimento meccanico, la macchina aveva una predominanza nella realizzazione del prodotto fotografico finale… Mancava l’epica del “manufatto”questa idea può far sorridere ma oggi si assiste a qualcosa di simile nei confronti della fotografia digitale… Non voglio criticare le prese di posizione di chi, come Berengo Gardin si arrocca nella fotografia analogica definendola “vera fotografia” o di chi, come Roberta Valtorta si interroga sui nuovi mezzi o chi come Giovanni Chiaramonte non da alcuna importanza al mezzo, io cerco di capire alcune tendenze del contemporaneo.

Alec Soth
Alec Soth

Il contemporaneo in fotografia ha molte sfaccettature una di queste è un ritorno alla fotografia analogica un po’ come se solo solo l’analogico potesse essere l’ambito di una fotografia alta (non voglio definirla artistica solo per comprendere uno spazio più amplio). Ecco allora ritornare la pellicola nei progetti di Alec Soth , Joakim Eskildsen o di Michael Ackerman.

Joakim Eskildsen
Joakim Eskildsen

Penso che sia una sorta di reazione male interpretata al digitale, dico male interpretata perché ho  la sensazione che questi autori non vogliano affermare la superiorità di un mezzo rispetto ad un altro ma che semplicemente utilizzino il mezzo che meglio si sposa con la loro espressività.

Michael Ackerman
Michael Ackerman

 

Nei primi tempi della fotografia c’era stata una reazione molto forte e per mitigare la presunta capacità delle macchina si era sviluppata una corrente fotografica che si chiamava PITTORIALISMO in cui la fotografia veniva “manipolata” per farla assomigliare di più a un quadro e per mettere l’accento sul lavoro manuale dell’autore, c’era una sorta di paura della macchina. Così la reazione che hanno oggi alcuni fotografi nel confronto del digitale sembra derivare da questo spauracchio.

Alfred Stieglitz
Alfred Stieglitz

Io ho una posizione molto serena non mi interessa molto della tecnica utilizzata ma di quello che l’immagine esprime, la fotografia è un sistema opaco, è un rimandare ad altri una propria visione del mondo.
Quindi la tecnica, qualunque essa sia, ha un senso se esiste unità con il progetto che stai realizzando.

La vera tragedia del digitale è che, spesso,  si fotografa tanto si fotografa solo per appagare un desiderio onanistico di accettazione e di auto gratificazione… dopo di che tutto finisce nel dimenticatoio, nella discarica della memoria… Si fotografa per poi poter dimenticare… per sostituire in fretta tutto con nuove immagini… Non bisognerebbe aver paura della macchina ma di noi stessi
In fin dei conti è ora di utilizzare le nostre immagini… di stamparle e di farne dei racconti… di portarle alla luce e di non relegarle al buio dei nostri HD.
Lasciamoci trasportare dal desiderio ma da quello di creare qualcosa, di utilizzare la fotografia come strumento non come fine nella produzione intellettuale… Saremo tutti più felici e liberi… 🙂
Allora facciamo 6 passeggiate nei boschi narrativi (Umberto Eco) e prepariamoci a raccontare una storia…

Vittore Buzzi
Vittore Buzzi

Vittore Buzzi: FB, Instagram , Matrimonio, Personal, Reportage

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