Diario di un giorno ordinario.

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Carte di diverso tipo e peso coprivano buona parte del tavolo della cucina, mostrando foto mescolate prese negli ultimi mesi di vita…foto in bianco e nero, alcuni ritratti e un bel po’ di street-photography.

Tutt’altro che stampe perfette, dopotutto è solo nell’ultimo anno che aveva iniziato a stampare da solo. In un angolo, un pranzo veloce era stato appena cannibalizzato. Un pranzo solitario, in questo caso, mentre un piatto, del pane, una forchetta e mezzo bicchiere di vino restavano dimenticati sul tavolo.

Troppo poco tempo per sprecarlo in faccende di casa.

La sveglia squillò come un urlo, era tempo di alzarsi, anche se erano le nove di sera. Questo è quello che accade quando si lavora su dei turni, giorno e notte senza tregua…finisci per mangiare e dormire senza regole, spesso senza sapere che giorno sia realmente. Era successo un paio di volte che si recasse al lavoro quando doveva stare a casa, ma anche il contrario…una settimana un orario, la seguente un altro orario, notte alla settimana successiva, primo mattino in quella seguente, un giorno alla settimana di riposo.

Questo dura tutta una vita, per molta gente.

Lasciò l’acqua della doccia aperta, bollente, a porta chiusa, per rendere il bagno confortevole prima di una lunga doccia, prima di uscire in pieno inverno, di notte e guidare verso il lavoro. Il bagno era piccolissimo ed era questione di minuti trasformarlo in una micro stanza termale.

La sveglia squillò ancora come uno stupro. Serve se ti addormenti. I colleghi non gradiscono dover attendere o saltare del tutto un cambio di turno…ma non era un problema, visto che a letto non ci era andato proprio; era giovane e poteva resistere giorni senza dormire.

Diede una rapida occhiata ai negativi appesi ad asciugare, immaginandosi come sarebbero state le stampe finali, ma il tempo stava finendo, ed era ora di darsi una mossa.

Era tipico per lui, aver sempre poco tempo per dedicarsi a se stesso. Entrando nella doccia si rese conto che faceva molte cose importanti, ma sempre al momento sbagliato. A 17 anni era fuori casa, innamorato giovane, sua figlia arrivò inaspettata, come un regalo in un giorno qualunque. Questo comporta responsabilità, bollette, casa, auto…questo tipo di cose. Ma i sogni erano diversi. Sentiva l’urgenza di esprimersi e alcune delle situazioni in cui era proiettato erano dure da accettare. Era un lavoratore duro che poteva seguire un progetto per anni e dedicarsi a esso fino a vederne la fine…

Qualcosa stava cambiando…..non ne poteva più del suo lavoro, del suo capo rozzo e maleducato con chiunque, sempre a urlare e insultare. Odiava tutti i discorsi sul calcio in cui non aveva nulla da dire. Spesso il lavoro era duro e i capi se la prendevano con chi lavorava. Non riusciva a dimenticare la scena di una chiave inglese lanciata nella sua direzione quando non riusciva a impedire che la macchina da stampa si fermasse…del resto ce la stava mettendo tutta. Aveva avvertito il fischio vicino alla testa e la chiave sbattere contro una parete.

In quei giorni era magro e timido….e arrossiva in quelle situazioni, oggi andrebbe diversamente. Diverse persone credevano che avesse talento nel lavoro, lui credeva solo di odiare quel posto.

Mentre guidava la mezz’ora di strada in mezzo all’inverno, cominciò ancora a pensare di sprecare la vita, come molta altra gente, distruggendosi la vita per comprare cose inutili e che forse c’era una via di fuga intelligente da tutto questo, con un po’ di sacrificio, fortuna, capacità e aiuto. Questi pensieri combattevano con la paura del fallimento, con l’esempio di un padre che aveva lavorato 40 anni nello stesso posto e con il timore di far male alla propria famiglia facendo un’altra ottima cosa nel momento sbagliato.

L’odore dei prodotti chimici lo prese all’entrata come una ragnatela, il solito rumore e il solito senso di sporcizia attorno lo colpì, ma in fondo era esattamente come ieri. Bancali di carta erano impilati ovunque e le persone sembravano piccole in mezzo a essi. Ascoltò distrattamente il resoconto del lavoro che stavano facendo e prese controllo della macchina da stampa.

Mentre il suo collega camminava verso lo spogliatoio gli diede un’ultima occhiata e vide che stava circondandosi da una nuvoletta di fumo di sigaretta, poi controllò che i calamai dell’inchiostro non fossero vuoti. Percorrendo il lato della Heidelberg Speedmaster per raggiungere gli altri colleghi con cui avrebbe passato la notte si ricordò che non aveva steso la lavatrice nemmeno oggi, ed era il terzo giorno consecutivo.

 

 

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